Recensione
A cura di Manuela Moschin
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La sofferenza è in grado di scuotere la sensibilità dell’essere umano?
Josè Saramago (1922-2010), premio Nobel per la letteratura, anticipò venticinque anni prima la situazione tragica dei nostri giorni.
Il libro narra la storia di un’improvvisa pandemia, che ha reso l’umanità cieca, eccetto una figura femminile.
Le donne e gli uomini contagiati sono stati rinchiusi in un ex manicomio, in condizioni disagevoli. Sorgono, pertanto, una serie di drammi, legati alla convivenza e al rispetto reciproco.
È tramite questo contesto, che si scatena una sorta di urlo della società. Il romanzo potrebbe essere perfettamente raffigurato mediante “L’urlo” di Edvard Munch, che ritrasse abilmente il tema dell’angoscia esistenziale.
“Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono” (Da Cecità, 2013, Josè Saramago).
Il messaggio di Saramago è chiaro e forte. Si tratta di un’acuta metafora, che mette in evidenza una realtà spaventosa, costituita da indifferenza ed egoismo. La virosi, raccontata dall’autore, risulta essere un pretesto per aprire gli occhi dell’anima individuale.
È un’opera letteraria di grande effetto, che non si dimentica. Emergono le fragilità e le paure. La consapevolezza che, di fronte al male e alla lotta per la sopravvivenza, non esistono distinzioni culturali o di posizione sociale. Compare la brutalità dell’uomo nei confronti delle donne. Scene raccapriccianti, che lasciano un senso di disgusto. Un romanzo crudo, che percuote gli animi.
L’opera si distingue per essere stata ambientata: “In una città qualunque, di un paese qualunque…” e per aver creato personaggi anonimi, che vengono identificati attraverso appellativi, come per esempio il medico, la moglie del medico, il primo cieco, la ragazza con gli occhiali scuri e così via.
Altra particolarità risiede nella punteggiatura che è quasi assente, oppure nei dialoghi, che sono stati creati senza le virgolette.
Un romanzo illuminante, che senz’altro fa riflettere, soprattutto in questo periodo contrassegnato da lutti, da un rilevante disagio economico e da importanti rinunce.
E noi saremo in grado di trarre un insegnamento dalla pesante situazione che stiamo vivendo? La generosità, l’altruismo e l’amore per il prossimo compariranno come fiori in un prato?
Ringrazio di cuore lo scrittore Pasquale Cavalera, che mi ha consigliato questa sconvolgente e amabile lettura.
Sinossi
In un tempo e un luogo non precisati, all'improvviso l'intera popolazione perde la vista per un'inspiegabile epidemia. Chi viene colpito dal male è come avvolto in una nube lattiginosa. Le reazioni psicologiche sono devastanti, l'esplosione di terrore e di gratuita violenza inarrestabile, gli effetti della patologia sulla convivenza sociale drammatici. La cecità cancella ogni pietà e fa precipitare nella barbarie, scatenando un brutale istinto di sopravvivenza. Nella forma di un racconto fantastico, Saramago disegna con maestria, essenzialità e nettezza la grande metafora di un'umanità bestiale e feroce, incapace di vedere e distinguere le cose razionalmente, artefice di abbrutimento, crudeltà, degradazione. Ne risulta un avvincente romanzo di valenza universale sull'indifferenza e l'egoismo, il potere e la sopraffazione, la guerra di tutti contro tutti, una dura denuncia del buio della ragione, con uno spiraglio di luce e salvezza che non ne annulla il pessimismo di fondo.
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