A cura di Manuela Moschin
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Il 29 settembre ricorre l'anniversario della nascita di Michelangelo Merisi da Caravaggio (Milano, 29 settembre 1571 - Porto Ercole, 16 luglio 1610), un artista rivoluzionario e anticonvenzionale. Egli, dotato di una personalità impulsiva in conflitto con se stesso e con il mondo, è considerato un genio della pittura, poiché riuscì ad apportare un profondo rinnovamento alla corrente artistica della tradizione italiana. Rappresenta da sempre un esempio di raffinatezza ed eccellenza, dove il malessere dell'uomo e della condizione umana vennero espressi dall'artista mediante l'utilizzo sapiente della luce e uno straordinario naturalismo. L'innovazione deriva dal fatto che l'artista superò il concetto tradizionale della pittura. I personaggi spiccano da uno sfondo scuro, tramite un gioco di luci e ombre, favorendo un effetto tridimensionale.
Lo storico dell'arte Maurizio Calvesi definisce così l'artista:
"Il drammaturgo del pennello, il Caravaggio può trovare riscontro nel contemporaneo Shakespeare".
I capolavori della fase finale della vita di Caravaggio, come il "Davide con la testa di Golia" (Fig.1-2) e la "Decollazione di San Giovanni Battista" sono accumunati dal tema della decapitazione, che entra nella testa dell'artista come una sorta di ossessione.
Il "Davide con la testa di Golia" è considerato il quadro del perdono, in quanto, secondo quanto riportato da Giovanni Pietro Bellori, il maestro lo donò al cardinale Scipione Borghese, nipote di papa Paolo V con la speranza di ottenere la grazia a seguito di una condanna a morte per l'omicidio di Ranuccio Tomassoni.
Il collezionista Borghese gliela concesse, ma alla sola condizione di possedere tutti i dipinti invenduti del pittore. Egli fu graziato, però morì forse per una febbre malarica a Porto Ercole e la sua tomba non fu mai ritrovata.
"Davide con la testa di Golia" è probabilmente l'ultima opera dell'artista, che dipinse poco prima di morire. Il maestro riprodusse se stesso attraverso un realismo crudele. Davide, impugnando la spada, emerge mesto da uno sfondo scuro osservando Golia con compassione. La fronte corrugata e la bocca aperta donano al suo volto un'espressione disperata e straziante.
Lo storico dell'arte e saggista Costantino D'Orazio (1972) scrisse:
"Il dettaglio più intenso dell'opera è l'occhio perso nel vuoto sul capo mozzato in primo piano, con la bocca spalancata per effetto del peso della mascella e il sangue che non smette mai di colare a terra. Fra gli occhi si vede ancora il segno rosso del colpo mortale sferrato da Davide con la sua arma rudimentale".
L'insigne storico dell'arte Claudio Strinati (1948) in un documentario dedicato all'artista disse:
"in questo quadro la condanna a morte è stata eseguita, ma la pena di morte non esiste, poiché ella non è una pena. È inutile uccidere perché si verificherebbe il passaggio in un'altra dimensione, non è lei portatrice di dolore, ma è la vita".
Il pittore, attraverso la figura biblica del David e quella del gigante Golia, rappresentò metaforicamente il tema morale della vittoria dell'umiltà sull'arroganza. Sulla lama della spada di David è incisa una sigla: "H-AS-OS", ovverosia l'abbreviazione del motto agostiniano "Humiltas occidit superbiam" (l'umiltà uccise la superbia) interpretata come "la sua umile richiesta di grazia attraverso un emblema biblico della giustizia divina" (Maurizio Marini, 1987). David non appare trionfante, ma disperato.
Lo storico dell'arte e scrittore Giovanni Pietro Bellori (1613-1696) descrisse così i caratteri somatici di Caravaggio:
"Egli era di colore fosco, ed aveva foschi occhi, nere le ciglia e i capelli...Non lasceremo di annotare li modi stessi nel portamento e vestir suo, usando egli drappi e velluti nobili per adornarsi; ma quando poi si era messo un abito, mai non lo lasciava finché non gli cadeva in cenci. Era negligentissimo nel pulirsi; mangiò molti anni sopra la tela di un ritratto, servendosene per tovaglio mattina e sera".
A Napoli accadde un episodio che segnò profondamente l'ultimo periodo della sua vita. Il 24 ottobre 1609 gli informatori scrissero al Duca di Urbino, avvertendolo che l'artista aveva subito un'aggressione da parte dei cavalieri nell'osteria napoletana del Cerriglio.
Baglione a tal proposito asserì "per li colpi quasi non più si riconosceva".
Pare, infatti, che il maestro rimase menomato e forse parzialmente accecato dalle ferite, vivendo una lunga convalescenza. Le opere successive, pertanto, sono segnate da un'evidente sofferenza, come si può notare nel "Martirio di Sant'Orsola" (Fig.3), dove il pittore ritrasse il proprio volto dietro a quello della martire. Egli sembra essere stato trafitto dalla freccia assieme alla santa.
E' curioso sapere che in occasione del quarto centenario della morte di Caravaggio, il 16 luglio 2010, la società delle Poste Italiane emise un francobollo da 0,60 raffigurante il dipinto "Davide con la testa di Golia" (Fig.5)
Vi ringrazio.
Manuela
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