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Gli Enigmi del Cenacolo Vinciano


Leonardo da Vinci "Il Cenacolo Vinciano" (Ultima Cena) 1495-1498, tempera e olio su due strati di preparazione gessosa stesi su intonaco -  cm. 460×880 Refettorio - Convento di Santa Maria delle Grazie, Milano (Fig.1)
Leonardo da Vinci "Il Cenacolo Vinciano" (Ultima Cena) 1495-1498 tempera e olio su intonaco cm. 460×880 Refettorio - Convento di Santa Maria delle Grazie, Milano (Fig.2)
Leonardo da Vinci "Il Cenacolo Vinciano" (Ultima Cena) 1495-1498 tempera e olio su intonaco cm. 460×880 Refettorio - Convento di Santa Maria delle Grazie, Milano (Fig.3)
Leonardo da Vinci studio per il Cenacolo 1494-1495, cm 26x39,2 gesso rosso su carta Gallerie dell'Accademia di Venezia (Fig.4)

A cura di Manuela Moschin

Mi potete seguire anche nel gruppo Facebook Storie di Libri di Pasquale Cavalera


Benvenuti carissimi, oggi vi parlo dell'Ultima Cena (Cenacolo Vinciano) (1495-1498)(Fig.1-2-3), un'opera di grandi dimensioni, collocata nel refettorio del convento della Basilica e Santuario Santa Maria delle Grazie a Milano, alla quale Leonardo Da Vinci (Anchiano, 1452-Amboise 1519) dedicò uno studio meticoloso e una lunga ricerca. Il termine Cenacolo si riferisce al luogo dell'antichità dove si consumavano i pasti.

Il dipinto, che fu iniziato nel 1495 e terminato nel 1498, acquisì da subito una grande fama. Purtroppo,  però,  a causa della tecnica a secco impiegata da Leonardo (1452-1519) già nel 1517 iniziò a deteriorarsi. Fu soprattutto l'utilizzo della tempera mista a olio su due strati di intonaco (dopo aver steso uno strato di gesso, uno di biacca e un ossido di piombo) a danneggiare l'opera, che cominciò ben presto a scurirsi. E' probabile che Leonardo, desideroso di effettuare interventi di rifinitura, avvalendosi di profonde riflessioni e meditando sul risultato del dipinto, avesse preferito una modalità con un'asciugatura più lenta, evitando così la pittura a fresco, che al contrario richiede al pittore di essere veloce.

Il vescovo e scrittore Matteo Bandello (1485-1561), che soggiornò per un periodo nel convento, risulta essere un testimone diretto. Egli scrisse così del maestro:

«Soleva [...] andar la mattina a buon'ora a montar sul ponte, perché il Cenacolo è alquanto da terra alto; soleva, dico, dal nascente sole sino a l'imbrunita sera non levarsi mai il pennello di mano, ma scordatosi il mangiare e il bere, di continovo dipingere. Se ne sarebbe poi stato dui, tre e quattro dì che non v'avrebbe messa mano e tuttavia dimorava talora una o due ore del giorno e solamente contemplava, considerava ed essaminando tra sé, le sue figure giudicava. L'ho anco veduto secondo che il capriccio o ghiribizzo lo toccava, partirsi da mezzo giorno, quando il sole è in lione, da Corte vecchia ove quel stupendo cavallo di terra componeva, e venirsene dritto a le Grazie ed asceso sul ponte pigliar il pennello ed una o due pennellate dar ad una di quelle figure, e di solito partirsi e andar altrove.»

Anche il Vasari osservandola scrisse:"Tanto mal condotto che non vi si scorge più se non una macchia abbagliata". 

Negli anni l'opera  subì molti interventi di ridipintura, che danneggiarono ulteriormente i colori. Il restauro, iniziato nel 1977 e concluso nel 1997,  mise in luce gran parte del capolavoro del maestro.

Il dipinto fu commissionato da Ludovico il Moro nel 1494, come si evince dalle tre lunette con le insegne ducali (Fig.3-14) entro ghirlande con foglie e frutta (Fig.15). Esiste un'altra fonte importante, ossia la richiesta che il duca fece al suo intermediario Marchesino Stanga il 29 giugno 1497 che, al fine di sollecitare la conclusione dell'opera, disse:"Finischa l'opera del Refettorio delle Gratie principiata, per attendere poi ad altra fazada d'esso refitorio".

Proviamo ora a considerare i dettagli nello specifico. Leonardo, nel rappresentare la stanza, si attenne rispettando in maniera minuziosa un'architettura strutturalmente precisa, che è rilevabile dalla quadratura del pavimento, dal soffitto a cassettoni, dalle tappezzerie delle pareti, dall'articolazione delle finestre e dalla tavola. Ciò è dovuto anche all'attenta applicazione della prospettiva geometrica, che Leonardo perfezionò anche attraverso l'uso del colore.

L'artista raffigurò nei minimi particolari le pieghe della tovaglia, il pane, i piatti e i bicchieri sulla tavola, evidenziandone i riflessi e le trasparenze al fine di rendere la scena realistica (Fig.16). 

E' necessario, innanzitutto, osservare che il tema trattato dal pittore  è stato rappresentato allontanandosi dalla consueta iconografia, che sino a quel momento veniva raffigurata.

Se si osservano, ad esempio, i dipinti di Andrea del Castagno (ca 1421-1457) (Fig.5) o di Domenico Ghirlandaio (1449-1494) (Fig.6)  si potrà constatare che in queste opere il Cristo venne illustrato durante l'Eucarestia, mentre sta benedicendo il vino e il pane. Giuda veniva collocato di fronte a Gesù, dall'altra parte del tavolo e,  come si narra nei Vangeli, San Giovanni veniva  raffigurato con il capo sul petto del Signore.

Ecco, tutto ciò non venne raffigurato nell' Ultima Cena di Leonardo, perché per la prima volta Gesù non è stato rappresentato durante la consacrazione dell'Eucarestia. Sulla tavola, invero non compare il Sacro Calice e Giuda non si trova di fronte a Gesù, ma fu inserito tra gli Apostoli.

Queste  innovazioni sono sconvolgenti se pensiamo che l'opera  è stata eseguita in un convento dei domenicani. Ne conviene che Leonardo si discostò dai suddetti canoni iconografici, incentrando il significato del dipinto essenzialmente sull'annuncio da parte di Gesù del tradimento di Giuda, secondo il Vangelo di Giovanni:

"In verità, in verità vi dico: Uno di voi mi tradirà". I discepoli allora si guardarono l'un l'altro, non sapendo a chi alludesse. Ma uno dei suoi discepoli, quello da Gesù prediletto, stava appoggiato presso il petto di lui. A questo dunque fe' cenno Simon Pietro, e gli disse:"Domanda chi è quello di cui parla". (Giovanni, 13, 21-24). 

Il pittore desiderò rappresentare il tradimento di un amico, attraverso una scena contrassegnata da un estremo dinamismo, rilevabile dalla reazione emotiva degli Apostoli. Le posizioni dei corpi, l’espressione dei volti e i gesti sono la conseguenza visibile dei moti dell’animo. Con la locuzione I moti dell'animo Leonardo intendeva riprodurre i movimenti, il pensiero e le emozioni dei personaggi attraverso il linguaggio dei corpi, delle mani e dei volti. 

Nel suo Libro di pittura scrisse che il bravo pittore deve saper rappresentare non solo l'aspetto esteriore, ma anche il suo pensiero e le sue emozioni "Il bono pittore ha a dipingere due cose principali, cioè l'omo e 'l concetto della mente sua. Il primo è facile, il secondo difficile, perché s'ha a figurare con gesti e movimenti delle membra; e questo è da essere imparato dalli muti, che meglio li fanno che alcun'altra sorte de omini" (Leonardo da Vinci dal "Libro di pittura", pubblicato per la prima volta nel 1654).

Egli si concentrò soprattutto sui gesti e sulle espressioni degli Apostoli, inserendo una serie di significati occulti, che sono stati da sempre oggetto di analisi.

Essi stupefatti si interrogano, meditando sulle parole del Redentore. Le figure possiedono tutte un carattere individuale, che Leonardo ottenne attraverso una ricerca anatomo-fisiognomica molto accurata. I lineamenti dei volti vennero ammorbiditi, utilizzando la tecnica dello sfumato leonardesco, allo scopo di sfumare i contorni delle figure.

In un disegno preparatorio per il Cenacolo (Windsor 12555r) (Fig.25), dove rappresentò forse Giuda, egli scrisse: Quando fai la figura, pensa bene chi ella è e quello che tu vuoi che ella facci", riferendosi, quindi, alla sua natura psichica, al suo carattere e alla fisiognomica.

Cerchiamo ora di individuare i personaggi ritratti. Procedendo da sinistra troviamo l'Apostolo Bartolomeo (n.1 - Fig.2) che, improvvisamente alzandosi in piedi, appoggia le mani sul tavolo. Di seguito ci sono Giacomo Minore (n.2 - Fig.2)  e Andrea (n.3 - Fig.2).

L'Apostolo Giuda (n.4-Fig.2) è l'unica figura in ombra, egli indossa una veste verde e blu, il colore del tradimento. Sorpreso si volta verso Gesù, rovesciando con il gomito destro la saliera, un segno che allude alla sfortuna. E' situato in posizione più avanzata rispetto agli altri Apostoli e ciò è dovuto alla torsione del busto. 

La sua veste, a differenza delle altre, è priva della gemma a castone, ovverosia di un fermaglio situato sullo scollo. Da una ricerca della studiosa Elisabetta Sangalli di Monza, pubblicata nel volume intitolato Leonardo e le dodici Pietre del Paradiso, risulta che le gemme preziose incastonate negli abiti degli Apostoli e di Cristo possiedono un grande valore simbolico. Vediamo qualche esempio: la pietra attribuita a San Giovanni simboleggia la spiritualità; la gemma blu di Andrea, invece allude alla fondazione della Città celeste, descritta nell'Apocalisse; a Gesù è stato associato uno smeraldo, come simbolo di rinascita e di pace.

C'è un altro particolare molto importante: i simboli misteriosi inseriti da Leonardo si riferiscono non solo alla Bibbia, ma anche un libro eretico, uno dei vangeli apocrifi (indica ciò che è tenuto nascosto) proveniente dall'eresia medievale bulgara. Affini agli occidentali della setta dei Catari, contiene una rivelazione segreta di Gesù relativa all'Ultima Cena, intitolato Interrogatio Johannis detto anche La cena segreta.

Nel volume, scritto in latino medioevale, vengono narrate le conversazioni che l'evangelista Giovanni ebbe con Cristo, in seguito alle ultime visioni dell'Apocalisse. I catari non accettavano i sacramenti cristiani, ma seguivano il consolamentum, ovvero un sacramento unico.

Arriviamo quindi al fulcro del racconto, osservando che nell'Interrogatio Johannis i catari affermarono che, per riuscire a individuare il traditore,  è necessario risalire al personaggio che assieme al Cristo,  mette la mano sullo stesso piatto. In effetti nel Cenacolo, Cristo allunga la mano destra verso il piatto, contemporaneamente a quella di Giuda. 

Continuando da sinistra verso destra troviamo Pietro (n.5 Fig.2). Nei Vangeli si narra che egli afferra un coltello con l'intento di tagliare  l'orecchio a Malco (vedi anche Fig.7, dipinto di Giuseppe Cesari), il servo del Sommo Sacerdote Caifa. Risulta, infatti, che Malco accompagnò Giuda Iscariota ad arrestare Gesù (n.7 - Fig.2). Accanto c'è Giovanni (n.6) il discepolo "prediletto" dotato di una bellezza androgina. La figura allibita con le braccia allargate è Giacomo Maggiore (n.9 - Fig.2).

Tommaso (n.8) con il dito puntato in alto indica la venuta di Gesù. L'Apostolo Filippo (n.10 - Fig.2) possiede un'espressione dolce, mentre Matteo (n.11 - Fig.2), Giuda Taddeo (n.12 - Fig.2) e Simone (n.13 - Fig.2) stanno discutendo inorriditi.

Leonardo dispose le figure in gruppi piramidali, partendo dal triangolo centrale, gli apostoli formano quattro gruppi di tre persone ciascuno. Essi furono disposti sei alla destra e sei alla sinistra, isolando la figura del Cristo.

Il numero tre rappresentava la Santissima Trinità e anche la fede, la speranza e la carità, ossia le virtù teologali.  Cristo attraverso le braccia tese crea un triangolo, probabile richiamo all'Eucarestia.

Egli è senza aureola, poiché Leonardo prediligeva illustrare le figure tramite un assoluto naturalismo. Si percepisce la divinità di Cristo mediante la visione della luce proveniente dalle tre finestre, simbolo della Trinità e dall'arco architettonico, che funge da aureola. Si viene così a creare un effetto prospettico, che induce l'osservatore a concentrare lo sguardo su Gesù, come epicentro dell'azione. Da una ricerca risultò che sulla testa del Cristo, Leonardo introdusse un chiodo dove appese dei fili, al fine di poter calcolare le linee prospettiche.

Andrea Del Castagno "Ultima Cena" 1448 Affresco. Refettorio di Sant'Apolonnia Firenze (Fig.5)
Domenico Ghirlandaio "Ultima Cena" 1480 Affresco. Refettorio d'Ognissanti Firenze (Fig.6)
Giuseppe Cesari (1568-1640)"Cristo preso prigioniero" (Pietro che sta tagliando l'orecchio a Malco) (Fig.7)
PRIMA DEL RESTAURO Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" la figura di Giuda (Fig.8) 

Il restauro: la figura di Giuda (Fig.8-9-10)

"In verità, in verità vi dico: Uno di voi mi tradirà" (Giovanni, 13, 21-24) E' da qui che Leonardo iniziò il processo di elaborazione dell'opera, raffigurando proprio il tradimento di Giuda tra lo stupore e la costernazione degli astanti. Ma entriamo nello specifico, analizzando la figura di Giuda anche sotto il profilo del restauro, che liberò l'opera dalle corpose stratificazioni di stesure pittoriche e dall'oscuramento dovuto a depositi di particellato.

Abbiamo visto che una delle cause del precoce degrado dell'opera è dovuto, in modo particolare, alla tecnica utilizzata da Leonardo che, sommato alle pesanti ridipinture, all'acqua filtrata in più punti e al bombardamento del 1943, furono un ulteriore motivo di danneggiamento. Grazie a un lungo restauro, durato vent'anni, sono stati recuperati gran parte dei dettagli rimasti per molti anni all'oscuro.

Dalle immagini che seguono abbiamo modo di rilevare le fasi di risanamento qualitativo del dipinto. Per quanto riguarda il restauro, in primo luogo si può osservare che l'intervento coinvolse in generale tutta la figura: la capigliatura, la barba, l'incarnato e i particolari fisionomici, che un tempo furono ricoperti da uno strato evidente di colore. Con la pulitura è stato possibile mettere in luce le cromie originali. Il manto, che prima del restauro si presentava in un'unica tinta, ora è a due colori, azzurro a destra e verde sulla spalla sinistra. Il restauro eseguito sulla mano destra ha permesso di ravvivare i colori dell'arricciatura della borsa dei denari, che Giuda ricevette in cambio del suo tradimento (Fig.11-12-13).

Di seguito le immagini che evidenziano la riqualificazione dell'opera, partendo dal momento prima del restauro (Fig.8), arrivando poi alla fase di pulitura (Fig.9) e infine il risultato finale (Fig.10):

DURANTE LA PULITURA Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" la figura di Giuda (Fig.9) 
A RESTAURO ULTIMATO Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" la figura di Giuda (Fig.10)  
PRIMA DELL'INTERVENTO Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" la mano destra di Giuda con la sacca dei denari (Fig.11)
DURANTE LA PULITURA Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" la mano destra di Giuda con la sacca dei denari (Fig.12)
DOPO IL RESTAURO Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" la mano destra di Giuda con la sacca dei denari (Fig.13)

Le immagini che seguono sono relative ad alcuni dettagli relativi al Cenacolo:


Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" Lunetta centrale con iscrizione che allude a Ludovico Sforza e a Beatrice D'Este (Fig.14)
Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" Dettaglio (Fig.15)
Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" Dettaglio (Fig.16)
Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" Dettaglio (Fig.17)
Leonardo da Vinci il "Cenacolo" particolare l'Apostolo Filippo (Fig.18)
Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" dettaglio l'Apostolo Matteo (Fig.19)
Leonardo da Vinci "Il Cenacolo" dettaglio gli Apostoli Tommaso, Giacomo Maggiore e Filippo (Fig.20)
Leonardo da Vinci il "Cenacolo" particolare Gesù Cristo (Fig.21)
Leonardo da Vinci Studio per il Cenacolo (Giuda), ca. 1495 Sanguigna su carta preparata rossastra, 180x150 mm Castello di Windsor, Royal Library (RL 12547r) (Fig.22)
Leonardo da Vinci Studio per il Cenacolo (Filippo), ca. 1495 Matita nera, 190x150 mm Castello di Windsor, Royal Library (LR12551r) (Fig.23)
Leonardo da Vinci Studio per il Cenacolo (Giacomo maggiore) e schizzi di progetti architettonici, ca. 1495 Sanguigna, penna e inchiostro, 252x172 mm Castello di Windsor, Royal Library (RL 12552r) (Fig.24)
Leonardo da Vinci "Studio di uomo calvo di profilo" ca. 1495 (?) Sanguigna ripassata a penna e inchiostro, 172x124 mm Castello di Windsor, Royal Library (RL12555r) (Pare si tratti di uno studio per il Giuda del Cenacolo Vinciano) (Fig.25)
Leonardo da Vinci Studio per il Cenacolo (Bartolomeo), ca. 1595 Sanguigna su carta preparata rossastra, 193x148 mm Castello di Windsor, Royal Library (RL 12548r) (Fig.26)
Leonardo da Vinci Studio per il Cenacolo (Pietro?), ca. 1495 Punta metallica ripassata a penna e inchiostro su carta preparata azzurra, 145x113 mm Vienna, Graphische Sammlung Albertina Inv. 17614 (Fig.27)
Schizzo compositivo per il Cenacolo, ca. 1495 Penna e inchiostro, 260x210 mm Castello di Windsor, Royal Library (RL 12542r) (Fig.28)

Termino l'articolo con una citazione tratta dal volume La storia dell'arte dello storico dell'arte E.H. Gombrich:

"In realtà, oltre a fatti tecnici come la composizione e la perizia nel segno, dobbiamo ammirare la profonda intelligenza di Leonardo per il comportamento e le reazioni dell'uomo, e la potente fantasia che gli permette di evocare la scena dinanzi ai nostri occhi. Narra un testimone di avere spesso visto Leonardo al lavoro intorno all'Ultima Cena. Saliva sull'impalcatura restandoci giornate intere a contemplare con le braccia conserte ciò che aveva fatto fino ad allora."

Vi ringrazio per avermi letta.

Arrivederci in arte

Manuela

L'articolo è raccontato da Manuela Moschin nel video YouTube.

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