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Il mito di Tiresia tra arte e poesia


Tiresia predice il futuro a Odisseo di Johann Heinrich Füssli (1780-1783), Vienna, Albertina.

A cura di Manuela Moschin

Nel mensile culturale Art e Dossier, del mese di settembre 2020 (Vedi copertina), che vi invito a leggere, viene trattato il mito di Tiresia, come tema più volte citato, oltre che nell'arte, anche nella letteratura.

Per quanto riguarda la storia del mito di Tiresia, Rossana Mugellesi e Stefania Landucci riportano quanto segue:

"Il mito. Passeggiando sul monte Citerone, Tiresia incontrò due serpenti che si stavano accoppiando e, avendo colpito la femmina con un bastone, si trovò di colpo mutato da uomo in donna. Sette anni dopo, di fronte alla stessa scena e avendo agito allo stesso modo, si rivide tramutato in uomo. Per il fatto di aver provato questa doppia natura fu consultato da Zeus ed Era che discutevano se in amore il piacere femminile fosse maggiore o minore di quello maschile. Rispose che se il piacere ha dieci parti la donna ne riceve nove e l'uomo solo una; alla rivelazione del segreto, Era si infuriò e lo rese cieco, ma Zeus, non potendo cancellare quanto deciso da un'altra divinità, lo ricompensò con la facoltà di prevedere il futuro e di vivere per sette generazioni."

Nella rivista mensile Art e Dossier viene precisato che vari scrittori, a partire da Andrea Camilleri, Primo Levi e Cesare Pavese hanno ripreso la storia del mito nei loro scritti. Primo Levi, per esempio, in "La chiave a stella" si definisce un po' Tiresia, scrivendo:"In tempi lontani anch'io mi ero imbattuto negli dei in lite tra di loro; anch'io avevo incontrato i serpenti sulla mia strada, e quell'incontro mi aveva fatto mutare condizione donandomi uno strano potere di parola: ma da allora, essendo un chimico per l'occhio del mondo, e sentendomi invece sangue di scrittore nelle vene, mi pareva di avere in corpo due anime, che sono troppe".

Cesare Pavese, invece, nei Dialoghi con Leucocito, scrive: Non c'è vicenda di Tebe in cui manchi il cieco indovino Tiresia. Poco dopo questo colloquio cominceranno le sventure di Edipo - vale a dire, gli si aprirono gli occhi, e lui stesso se li crepò dall'orrore".

La cecità, dunque, si configura come un attributo del veggente. Persino nell'episodio di Odissea X, l'eroe si consulta con Tiresia per il suo ritorno a Itaca. Ne conseguì la convinzione, che perdere la vista è legato alla possibilità di prevedere il futuro. Scrivere poesie o predire il futuro, quindi, è un dono degli dei.

Condivido una bellissima citazione di Pablo Picasso, tratta dalla stessa rivista letteraria qui menzionata:"L'arte è una professione da cieco: uno non dipinge ciò che vede ma ciò che dice a se stesso riguardo ciò che ha visto".

Le qualità artistiche e letterarie, dunque, provengono dal mondo interiore, e il pittore o il poeta sono in grado di materializzarle, tramite le loro doti sensitive.

Il dipinto raffigura Tiresia predice il futuro a Odisseo di Johann Heinrich Füssli (1780-1783), Vienna, Albertina.



Vi ringrazio

A presto

Manuela

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