Recensione "Il Triangolo di Rembrandt" di Giacinta Caruso
Questo articolo cade come si suol dire a fagiolo, poiché, proprio quest'anno vengono celebrati i trecentocinquant'anni dalla morte di Rembrandt van Rijn (Leida 1606-Amsterdam 1669).
Sono lieta, pertanto, di avergli dedicato uno spazio nel blog. Ringrazio Giacinta Caruso che, assieme alla Casa Editrice Panesi Edizioni, mi hanno dato l'opportunità di poterne parlare.
Giacinta Caruso ispirandosi alla vita travagliata del pittore e incisore olandese Rembrandt ha scritto un romanzo storico ricco di tormentate vicende basandosi sulla storia vera.
Si tratta di una biografia romanzata che l'autrice ha sapientemente interpretato studiando a fondo le vicissitudini dell'artista, che furono segnate da difficoltà economiche e da tragedie familiari. Rembrandt e la moglie, invero, dovettero affrontare una serie di grossi lutti a causa della perdita dei primi tre figli. Situazioni dolorose, dunque, che si sono verificate una dopo l'altra, se si pensa che nel 1635, soltanto due mesi dopo la nascita morì il primo figlio Rumbartus; nel 1638 perse la vita Cornelia di sole tre settimane e che un terzo neonato morì nel 1640 dopo un mese dalla nascita, era anch'essa una bambina chiamata Cornelia.
Il quarto figlio Titus, nato nel 1641, riuscì a raggiungere l'età adulta ma disgraziatamente la madre morì poco dopo il parto nel 1642 probabilmente di tubercolosi. In seguito Rembrandt affidò il figlio alle cure di due governanti con le quali instaurò un rapporto intimo di "ménage à trois".
Questi e altri episodi toccanti sono stati incisivi nella formazione artistica del pittore che ha dedicato gran parte delle opere ai suoi familiari. Se si osserva l'autoritratto della figura n.5 è possibile constatare che Rembrandt manifestò il suo intenso dolore raffigurandosi con un'espressione sofferta e malinconica. Ebbene, la scrittrice affascinata dalla vita misteriosa e intricata di Rembrandt ne ha originato un libro dotato di una trama stimolante che mi ha indotto a ricercare curiosità e aneddoti legati alla vita del maestro. Grazie a Giacinta si ha l'opportunità di conoscere un illustre artista attraverso un romanzo ben costruito, molto scorrevole e piacevole nella lettura. Si nota nella narrazione una grande preparazione e un accurato lavoro di studio e di ricerca storica e artistica.
Ecco, dunque, che ho colto l'occasione per raccontarvi qualche particolarità relative ad alcuni capolavori che sono stati citati nel libro.
L'anno di Rembrandt: il pittore della luce
Innanzitutto, è fondamentale sottolineare che Rembrandt fu un artista singolare, che si distinse dai suoi contemporanei olandesi.
Nei Paesi Bassi, nel XVII secolo, comparve la “Pittura di Genere”, vale a dire che gli artisti erano per lo più interessati a realizzare, in modo realistico, scene di vita quotidiana.
Rembrandt, invece, oltre ai numerosi ritratti, raffigurò soggetti storici, religiosi e mitologici. Anche il filosofo e saggista Tzvetan Todorov (1939-2017), nel suo saggio “Il Caso Rembrandt”, sostenne che l'artista era un pittore di storia e di ritratti. La quotidianità è presente nei disegni e nelle incisioni mediante la rappresentazione di scene di locanda o di strada. Egli ritrasse vagabondi e mendicanti, come si può notare nell’incisione all’acquaforte “I mendicanti alla porta di una casa”1648 (Fig.1); oppure, scene raffiguranti donne con bambini occupati in varie attività, come nel disegno “Donna che scende le scale con un bambino in braccio” (Fig.2)1635/1636.
Secondo Todorov, Rembrandt nel rappresentare i personaggi nelle normali occupazioni tentò di cogliere la realtà di una situazione e non di rendere i tratti individuali dei volti. Ne è un esempio il disegno (a penna, pennello e inchiostro bruno) intitolato “Il bambino capriccioso” (Fig.3)1635.
Gli amici, i suoi familiari e in particolare la moglie Saskia furono raffigurati molto spesso nelle opere dell'artista.
C'è un passaggio molto interessante nel volume di Tzevetan Todorov dove egli affermò:“La pittura pensa e fa pensare, sebbene non sempre i pittori lo sappiano. Nel rappresentare il quotidiano Rembrandt non si limita a tradurre in forme visibili il mondo circostante, ma ci rende partecipi della sua concezione della vita umana. Gli eroi e i santi che popolano le sue opere non sono diversi dalle persone che possiamo incrociare per strada, le quali meritano altrettanta attenzione”.
“Ha saputo spingersi oltre le apparenze, rendere i suoi personaggi seducenti e vulnerabili insieme, umani anche nella loro debolezza. Questo non è forse il principale ma è uno dei grandi messaggi trasmessici dalla sua pittura: una lezione di umanità e universalità. È grazie a queste qualità se ognuno di noi può riconoscersi nei suoi dipinti e ritrovarvi le proprie emozioni o i propri interrogativi”.
E' determinante nella sua pittura la ricerca luministica, ottenuta mediante un impasto denso e corposo del colore e una stesura molto libera. Lo storico dell'arte E.H. Gombrich nel suo volume "La Storia dell'Arte" nei riguardi della tecnica pittorica scrisse:"... a una prima occhiata molte sue pitture sembrano tutte di una tonalità marrone cupo, ma sono proprio i toni scuri a far risaltare con maggior forza, per contrasto, alcuni colori accesi e splendenti. Avviene così che la luce in certi suoi quadri è quasi abbagliante. Però Rembrandt non usò mai come fine a se stessi questi affascinanti effetti di luce e ombra, ma se ne servì sempre per accentuare la drammaticità della scena."
Nell'intera produzione figurativa del periodo seicentesco, nessun altro artista realizzò un numero di autoritratti così vasto, quanto Rembrandt: circa trenta acqueforti, dodici disegni e oltre quaranta dipinti. Questo ritratto che vedete è stato eseguito in età giovanile (Fig.4). L'artista ha mantenuto nella penombra i lineamenti del viso; la stesura del colore è stata realizzata tramite strati spessi e corposi e la natura dei contrasti di luce è relativa agli interessi dell'artista nei confronti dei caravaggeschi di Utrecht. Ma chi erano costoro?
Si tratta di un movimento artistico che durò dal 1620 al 1630, nel quale un gruppo di pittori originari proprio da Utrecht, ebbero modo di visitare in Italia le opere di Caravaggio. Ecco, allora, che ne furono talmente affascinati da volerne studiare il metodo e l'inventiva drammatica.
Quest'altro "Autoritratto" (Fig.5) (1655-1658), invece, è stato dipinto dall'artista negli ultimi anni di vita. Nei confronti di questo dipinto, lo storico dell'arte E.H. Gombrich affermò: "Non era un bel volto, e Rembrandt certo non tentò mai di mascherarne la bruttezza. Si osservava allo specchio con assoluta sincerità che tralasciamo di portare in causa la sua bellezza o il suo aspetto. E' il volto di un vero essere umano. Non v'è traccia di posa o di vanità: c'è solo lo sguardo penetrante del pittore che scruta le proprie fattezze, pronto sempre a imparare qualcosa di nuovo intorno ai segreti del volto umano."
Scrive l'autrice Giacinta Caruso: Voleva stare sola e come sempre si mise a osservare "Saskia con il cappello". Era il suo quadro preferito. Le dava conforto ricordare com'era un tempo, quando la vita le sorrideva e non c'erano nubi all'orizzonte.
e ancora:
"Agneta era stata la prima ad accorgersi che dalla parete della camera da letto era sparito "Saskia con il cappello". Quindi, quando il padrone riemerse dallo studio, non si meravigliò di vedere ricomparire questa volta nel salone anche il ritratto, seppure modificato. Rembrandt aveva aggiunto una pelliccia sulle spalle di Saskia e una piuma di pavone sul suo cappello, rendendo in questo modo più evidenti le sue origini aristocratiche."
Il dipinto "Saskia con il cappello" (Fig.7) è stato oggetto di numerose indagini anche radiografiche, dalle quali si è potuto dedurre che l'opera subì delle modifiche da parte di Rembrandt, probabilmente in seguito alla morte della moglie nel 1642. Come ha già citato l'autrice Caruso nel suo romanzo, pare che la piuma di pavone sul cappello e la pelliccia posata sulla spalla siano state aggiunte più tardi e alluderebbero al tema della "vanitas", ovverosia alla caducità delle cose terrene. Si ipotizza, inoltre che Rembrandt realizzò l'abito ispirandosi ai modelli rinascimentali, al fine di celebrare la condizione aristocratica della moglie.
Scrive l'autrice:"Rembrandt aveva dipinto due ritratti della moglie in veste di Flora, la dea della primavera e dei fiori, senza contare che aveva più volte fatto dipingere lo stesso soggetto anche ai suoi allievi. Sembrava ossessionato dalla figura di Flora e Saskia aveva sempre ritenuto che volesse celebrare così il mito della fertilità".
Rembrandt dedicò una parte dei suoi dipinti alla dea Flora, la divinità classica della primavera e della vegetazione (Fig.8-9). E' da sottolineare che in quegli anni ad Amsterdam si trovava il ritratto della Flora di Tiziano. E' probabile che l'artista si sia ispirato vedendo l'opera del pittore veneto.
Secondo alcuni studiosi sembrerebbe che il personaggio ritratto sia quello della moglie Saskia van Uylenburgh. La raffigurò di profilo e con il viso rivolto verso lo spettatore. Sul suo capo spicca una ghirlanda fiorita e nella mano destra regge un bastone ornato di fiori. La veste è caratterizzata da un ampio drappeggio decorato finemente.
Anche in quest'opera Rembrandt potrebbe aver ritratto la moglie Saskia in attesa del primo figlio. E' possibile che il pittore avesse voluto celebrare la prima gravidanza della moglie. Altri studi, invece, ipotizzano che si tratti della modella Artemisia come si evince dalla figura n. 10 nella quale si nota una particolare rassomiglianza.
Scrive l'autrice:"Saskia passava le sue giornate a letto a fissare "L'allegra coppia", il quadro con cui il marito aveva voluto mostrare al mondo la loro felicità."
Pare che il dipinto "L'allegra coppia" (Fig.11) ritragga Rembrandt assieme alla moglie Saskia. Alcuni studi iconografici lo hanno associato al racconto evangelico del figliol prodigo che ritorna a casa dopo aver sperperato le ricchezze, bevendo vino e in compagnia di donne. Il tema era molto apprezzato dagli artisti protestanti a causa del suo valore educativo.
Il dipinto "La Lezione di Anatomia del dottor Tulp"(Fig.12-13) raffigura la lezione tenuta, nel 1632, dal docente di anatomia Nicholaes Tulp presso la Gilda dei Chirurghi, dal 1628 al 1653, nella quale venne studiata la fisiologia del braccio del defunto. Sette personaggi sono intenti a osservare il dottore mentre sta mostrando il braccio del cadavere (Fig.13). I volti illuminati e l'espressione concentrata danno l'impressione di assistere realmente all'intervento. Un meraviglioso gioco di luce e di ombre rende la scena piuttosto realistica. L'opera venne commissionata da alcuni membri della Gilda dei Chirurghi, che desiderarono farsi ritrarre durante una lezione di anatomia. In primo piano, sul lato destro del dipinto, è presente un libro, al quale gli allievi ogni tanto porgono lo sguardo attento.
L'Anno di Rembrandt
In Olanda in occasione dell'anniversario vennero allestite tre mostre:
- Al Rijkmuseum di Amsterdam intitolata "All the Rembrandts" visitabile fino al 10 giugno 2019;
- Al Rembrandthuis, Jodenbreestraat ad Amsterdam intitolata "Rembrandt's Social Network" che si è conclusa il 19 maggio 2019;
- Al Mauritshuis a L'Aia intitolata "Rembrandt and the Mauritshuis" visitabile fino al 15 settembre 2019.
Le celebrazioni si svolgeranno anche in altre città olandesi nel corso di tutto il 2019 come Delft e Hoorn.
Termino l'articolo con un pensiero dello storico svizzero Jacob Burckhardt (1818-1897) tratto da "Rembrandt und Van Dyck" (1877):
Per che cosa si distingue egli da tutti i pittori che lo precedettero nel mondo? Per la subordinazione dell'oggetto, quale che sia, a due grandi forze elementari: l'aria e la luce. Esse divennero in lui sovrane, e rappresentano il suo ideale. La forma esatta delle cose è indifferente a Rembrandt, la loro apparenza è per lui essenziale [...] Fenomeni, figure, oggetti della natura esistono per Rembrandt soltanto nella misura in cui l'aria e la luce esercitano su di essi il loro gioco mirabile. Spesso l'osservatore si sente completamente affascinato e dimentica con Rembrandt l'oggetto rappresentato per come esso è rappresentato..."
Sinossi "Triangolo di Rembrandt"
Amsterdam, XVII secolo. Rembrandt van Rijn, all’apice della sua fama, trasloca nel quartiere più elegante delle città. È il pittore del momento: la nobiltà lo osanna, i ricchi borghesi fanno la fila alla sua porta per farsi ritrarre. Tutto sembra andare per il meglio, ma la morte di tre figli appena nati sconvolge la vita dell’artista e della moglie Saskia. Per il dolore la donna si ammala e trascorre quasi tutto il tempo a letto, assistita dall’infermiera Agneta Budde. Rimasta di nuovo incinta, Saskia mette al mondo Titus, che sfuggirà alla maledizione che grava sulla famiglia van Rijn. Ma la catena di lutti non è finita perché la donna, minata dalla tubercolosi, si spegne a soli trent’anni. Su consiglio di Agneta, il pittore prende una balia per Titus, la giovane vedova Geertje. Fra i due si accende una passione, destinata a durare poco perché Rembrandt s’invaghisce presto di Hendrickje, una governante appena assunta. Per qualche tempo l’artista e le sue amanti daranno vita a un insolito ménage a trois. Agneta intanto continua a seguire da lontano le vicende di casa van Rijn e a nascondere un inquietante segreto che finirà per influire sulla vita del pittore e delle sue donne.
Grazie e arrivederci in arte
Manuela
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