Egon Schiele citato nel Romanzo/Noir "Il Segreto di Palazzo Moresco" di Irma Cantoni.
A cura di Manuela Moschin
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Desidero parlarvi del romanzo/noir "Il Segreto di Palazzo Moresco" di Irma Cantoni, poiché si tratta di un affascinante racconto, assolutamente originale, dove nulla è scontato. L'autrice ha avuto l'abilità di creare una trama dotata di un intreccio narrativo travolgente. Il libro inizia con un curioso episodio che stimola a proseguire con la lettura.
I personaggi sono caratterizzati ottimamente. Il lettore è tentato a seguire le indagini perché gli avvenimenti appaiono alquanto realistici.
E' un thriller giallo-poliziesco intenso, che dedica uno spazio al mondo dell'arte, dove addirittura ne diventa protagonista.
Un dipinto di Egon Schiele e un libro misterioso sono stati derubati al collezionista d'arte Ludovico Moro che custodisce un segreto di famiglia. Un'opera di Antonello da Messina, alla quale Ludovico ne è legato profondamente, funge da retroscena.
Nella storia compaiono altre figure di spicco: Lupo Canopi un serial killer dalla mente contorta; Frida e Ginevra che si riveleranno essere il nucleo del romanzo. Gli avvenimenti si svolgono in due città amate dall'autrice: Brescia e Roma. Il romanzo, oltre ad essere un noir intrigante, affronta temi inerenti alle problematiche sociali. La storia, intessuta di vari passaggi e vicende, è narrata con uno stile fluido, piacevole e accurato.
La scrittrice ha dimostrato di possedere una straordinaria tecnica di scrittura, creando dei dialoghi ben strutturati.
Complimenti Irma! Consiglio caldamente questa meravigliosa opera agli appassionati del genere noir e spero che ci sia da parte tua l'idea di proseguire il racconto con un sequel.
Racconta l'autrice Irma Cantoni:
Lodovico Moro allargò le braccia:"Un uomo fidato, ma impiccione". fece una pausa e si atteggiò a supplice:"L'altra sera le avevo chiesto se poteva aiutarmi. Lo farebbe?". "Se si trattasse di una faccenda legale, si". "Il mio segretario si riferiva a un disegno di Egon Schiele che mi hanno rubato".
Durante gli ultimi anni di vita dell'artista, e precisamente nel 1917, mentre imperversava la guerra, Egon Schiele dipinse "L'Abbraccio" (Fig.1). Un'opera che affascina, soprattutto per la commovente forza comunicativa. Un consueto gesto affettivo, che si converte in un'efficace e drammatica sintesi espressiva.
Nei due amanti, che si stanno stringendo appassionatamente, è racchiuso un intenso significato simbolico, ossia la fragilità umana che di fronte alle atrocità si rassegna, abbandonandosi teneramente.
Non si tratta solamente di un atto di amore. Schiele desiderò esprimere una situazione drammatica accompagnata da un malinconico erotismo. La tragicità del momento si avverte in ogni piccolo dettaglio. I muscoli tesi del braccio dell'uomo e la mano sinistra della donna, sono solo alcuni dei segnali rappresentati dall'artista.
Un abbraccio sofferto, passionale, doloroso e carico d'amore. Un ultimo straziante saluto che trascina l'osservatore in un amplesso angosciato. Una sorta di fuga dagli orrori della guerra. Lo scorcio dall'alto ricorda i dipinti di Edgar Degas. In questo modo, lo spettatore si sente coinvolto in prima persona, che immedesimandosi nella scena ne diventa protagonista .
L'opera è stata eseguita mediante contorni scuri e marcati. Le pennellate sono nervose e le tonalità cupe. Le pieghe delle lenzuola, che emergono con un effetto dinamico, sono linee tormentate che fungono da sfondo di un amore consumato.
Egon Schiele (Tulln - Bassa Austria, 1890-1918) sebbene abbia avuto una vita breve, lasciò un segno profondo nella pittura europea del primo Novecento, diventando uno dei protagonisti della corrente espressionista austriaca. La sua produzione artistica fu notevole. Egli realizzò in totale trecentoquaranta dipinti e duemilaottocento tra acquerelli e disegni.
Qualche anno fa, visitai a Vienna il "Leopold Museum" (Fig.4), che inaugurato nel 2001, conserva la più importante collezione di opere di Egon Schiele, e poi ancora di Gustav Klimt, Richard Gerstl e Oskar Kokoschka. Ricordo che ne rimasi molto colpita per l'introspezione psicologica e l'intensità espressiva manifestata sulle tele. Il suo disagio interiore traspare in modo così eclatante da rimanerne fortemente impressionati. Egli sfogava le sue inquietudini rappresentandole su un'immagine. Le sue opere non ci lasciano indifferenti. Hanno la capacità di sconvolgere e commuovere.
Esse sono un libro aperto, un romanzo senza un lieto fine perché, purtroppo, Schiele morì a soli 28 anni. E' sufficiente osservarle soltanto un momento per intuire quali paure, angosce, drammi abbia vissuto l'artista.
Per comprendere le sue opere è fondamentale conoscere alcuni passaggi che si sono rivelati incisivi nella sua vita. Nel 1905, a soli 15 anni, perse il padre. Questo episodio influì negativamente nella sua psiche. Egon, inoltre, non aveva un buon rapporto con la madre, la quale, non condivideva la carriera artistica del figlio.
In una serie di dipinti raffiguranti il tema madre-figlio, il pittore trasferì sulle tele le sue riflessioni. Ne sono un esempio i dipinti intitolati "Madre morta I" (Fig.9) e "Gestante e morte" (Fig.10). Egli alludeva all'amore inesistente tra lui e la madre. Da alcune lettere tra la madre e il figlio si possono intuire chiaramente i loro conflitti.
La madre, addirittura, maledisse Egon scrivendogli parole colme di rabbia:
"Quanti soldi sperperi...Hai tempo per tutto e tutti...solo per tua madre non ne hai! Dio ti perdoni, io non posso...Chi cambia così i suoi sentimenti... maledizione lo colpisca e la maledizione di una madre resta per sempre...".A questi insulti Schiele rispose:"Cara madre! Ammetto tutto, vorrei, credimi, a chi me le ruba. Dal niente, senza l'aiuto di nessuno, ho creato la mia esistenza...".
Fin da bambino fu un grande disegnatore, ma non ebbe una propensione per gli studi. Nel 1906 frequentò l'Accademia delle Belle Arti di Vienna, tuttavia non avendo un buon rapporto con gli insegnanti, a causa delle rigide regole imposte dall'accademia, fu indotto ad abbandonare gli studi (Fig.13). Nel 1907 conobbe Gustave Klimt che lo introdusse nell'ambiente secessionista viennese.
Tra Schiele e Klimt nacque un bellissimo legame di amicizia e di stima. Klimt diede l'opportunità all'artista, di esporre le sue opere nella sua prima mostra personale alla Wiener Werkstätte, fondata nel 1903 dall'architetto Josef Hoffmann, esponente della secessione viennese.
L'influsso di Klimt è evidente soprattutto in un'opera di Schiele intitolata "Spiriti d'acqua" (Fig.11), dove egli si ispirò vedendo il dipinto dell'amico "Serpenti d'acqua II" (Fig.12). Si nota che, tra i due capolavori, c'è affinità, nei soggetti rappresentati e nella composizione nel suo insieme.
Schiele, sfortunatamente, fu anche un artista poco apprezzato da alcuni suoi contemporanei, molto spesso le sue opere erano ritenute brutte e spregevoli.
Schiele fu un artista dal temperamento anticonvenzionale e narcisistico. La maggior parte delle sue opere sono caratterizzate da un aspetto tenebroso e visionario, ossessivamente incentrate su temi principalmente erotici. Egli raffigurò la figura umana priva di pudori attraverso pose scandalose (Fig.) Egli predilesse rappresentare il corpo femminile, la sua prima modella fu la sorella Gerti (Gertrude). In un ritratto del 1909 (Fig.6) la raffigura ispirandosi alle opere di Klimt, mentre in un disegno del 1910, la sorella appare nuda e magrissima (Fig.7).
Wally Neuzil fu la seconda sua modella della quale realizzò diversi disegni erotici. Visse con lei quattro anni. Uno dei dipinti più importanti, che manifesta il rapporto di amore tra i due amanti, si intitola "Morte e ragazza" (Fig.14). Si tratta di un tragico abbraccio nel quale il pittore ha evidenziato l'addio appassionato tra i due innamorati.
Molto spesso le sue modelle erano adolescenti semivestite o nude. Questo fatto in seguito gli provocò alcuni problemi, in quanto, venne persino arrestato a causa di una falsa denuncia per corruzione di minore. Sebbene fosse stato ritenuto innocente, venne incarcerato, perché molti dei suoi disegni furono giudicati "illustrazioni pornografiche facilmente accessibili agli occhi degli adolescenti".
Schiele nei confronti dell'arte erotica si espresse cosi:
“Nessuna opera d’arte erotica è una porcheria, quand’è artisticamente rilevante, diventa una porcheria solo tramite l’osservatore, se costui è un porco.”
I giorni che trascorse in prigione furono alquanto traumatici per l'artista. Egon Schiele dipinse "In mezzo al grigio sporco della coperta il colore brillante di una arancia, l’unica luce che brilla nella stanza" (19 aprile 1912) (Fig.5)
Ne sono testimonianza queste sue parole:
Vienna, 8 maggio 1912. Diario dalla prigione di Neulengbach:
Sono stato in prigione per 24 giorni! – Ventiquattro giorni o cinquecentosettantasei ore! – Un’eternità! I risultati delle indagini sono stati veramente miseri, – ma io ho sofferto terribilmente, in maniera indicibile. Sono stato crudelmente punito senza essere stato condannato. Nel corso del dibattimento il giudice, nella sua toga, con grande solennità, ha bruciato sulla fiamma della candela un foglio di quelli che mi erano stati sequestrati, quello che era appeso nella mia stanza da letto! – Autodafé! Savonarola! Inquisizione! Medioevo! Castrazione, ipocrisia! – Andate dunque nei musei e fate a pezzi le più grandi opere d’arte. Chi rinnega il sesso è un vizioso e insudicia nella maniera più volgare i genitori che lo hanno messo al mondo. D’ora in poi, chiunque non ha sofferto come ho fatto io, dovrà sentirsi pieno di vergogna davanti a me!
Da un'interessante descrizione espressa dal collezionista d'arte e mecenate di Schiele, Heinrich Benesch si può dedurre, in modo chiaro, quale fosse la sua tecnica di disegno e il metodo di lavoro:
La bellezza delle opere di Schiele, sia per quel che riguarda la forma sia per quanto concerne il colore, è unica nel suo genere. La sua arte nel disegno era fenomenale. La sua mano era infallibile. Quando disegnava stava per lo più seduto su uno sgabello basso, tenendo la tavola da disegno sulle ginocchia e la mano destra con cui disegnava appoggiata sui fogli. Mi è capitato però di vederlo disegnare in altro modo, stando in piedi davanti alla modella, appoggiando il piede destro su uno sgabello basso; la tavola da disegno era sul ginocchio destro ed egli la teneva, sul lato superiore, con la mano sinistra. La matita era verticale rispetto al foglio e così tracciava le sue linee, tenendo la mano sciolta, quasi che queste venissero disegnate dall'articolazione della spalla. E così ogni figura veniva a prender forma. Se per caso sbagliava - fatto per altro raro- buttava via il foglio:Schiele non usava la gomma. Creava i suoi disegni di getto: un insieme di contorni che grazie al colore acquistavano una dimensione plastica. Egon Schiele stendeva il colore senza la modella, in base a quanto si ricordava".
Schiele ritrasse Benesch, assieme al figlio Otto nel 1913 (Fig.15), dove l'artista raffigurò la complessa situazione del rapporto tra padre e figlio, espressa chiaramente nei loro sguardi, piuttosto turbati.
I disegni di Schiele hanno la particolarità di non essere eseguiti mediante la regolare prospettiva. Egli elaborò nuove modalità compositive che resero le sue figure deformate e contorte. Schiele le rappresentò molto spesso attraverso pose laterali o dall'alto e difficilmente con una prospettiva centrale.
Nella vasta serie di autoritratti l'artista si ritrae mediante fisionomie deformate dalle forme rigide e spigolose. Torsioni innaturali fortemente espressive dai colori cupi e terrosi (Fig.17-18)
Nel 1914 sposò Edith Harms (Fig.2-3), la sua terza modella e musa ispiratrice.
Nello stesso anno, scoppiò la Prima guerra mondiale, fu proprio in questo periodo che le opere di Schiele assunsero un carattere ancora più tragico e intenso. Dipinse in quel periodo un "Mulino" (Fig.16) che cade a pezzi, come simbolo della fine dell'Impero Austro-Ungarico.
Il 28 ottobre 1918, a seguito di un'epidemia spagnola, Edith morì incinta. A tre giorni di distanza dalla moglie cessò di vivere anche Egon, a soli 28 anni.
Il 31 ottobre 2018 fu ricordato per il centenario dalla sua morte. Dedico l'articolo a questo grande genio dalla grande sensibilità emotiva.
"Eterno è Dio, gli uomini lo chiamano Budda, Zoroastro, Osiride, Giove o Cristo e immortale con Dio è quanto di più divino discende da lui: l’arte. L’arte non può essere moderna, l’arte è eterna".
Egon Schiele
Termino l'articolo con un ultimo toccante pensiero dell'artista:
"La guerra è finita - e io devo andarmene. - I miei quadri dovranno essere esposti in tutti i musei del mondo! - I miei disegni saranno divisi tra voi e i miei amici! e potranno essere venduti dopo 10 anni."
Vi saluto commossa.
Grazie e arrivederci in arte.
Manuela
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