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Immagine del redattoreManuela Moschin

Paolo Negro e il suo romanzo "Clone"

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Buongiorno carissimi, con immensa gioia oggi inauguro la rubrica #Intervistalautore, una sezione riservata agli autori che dedicano ai loro libri uno spazio all'arte. E' un onore e un piacere avere l'opportunità di conoscere più approfonditamente aneddoti, curiosità e quant'altro ci siano  alla base di uno scritto. 

Oggi abbiamo il piacere di intervistare Paolo Negro l'autore del romanzo "Clone" che invito tutti a leggere. A tal proposito, tempo fa gli dedicai un articolo, vi lascio il link dove troverete la recensione e un approfondimento delle opere d'arte citate dall'autore:

Vi informo che, se avete qualche altra domanda da porre allo scrittore gliela potete esprimere nei commenti del post. Paolo, che ringrazio,  si è reso  disponibile per rispondervi.  

Ora iniziamo l'intervista: 

Ti ringrazio per aver accolto la mia richiesta. E' un grande piacere poter interagire con te e conoscere meglio la tua carriera di scrittore. Prima di parlare del tuo stupendo romanzo “Clone” ti pongo alcune domande per scoprire in quale modo sei diventato un autore di romanzi:

- Quando hai cominciato a scrivere? Cosa scrivevi all’inizio? 

Ok, volete farmi sentire Matusalemme, ma va bene. Del resto, non manca molto… Come sapete, e se non lo sapete Repetita iuvant , io nasco come giornalista e lo sono stato per più di vent’anni a La stampa, a Repubblica, a Il giornale, più altre esperienze tipo responsabile mass media Olimpiadi e fac simili. Per la precisione ho iniziato come giornalista di cronaca. Il che significa che a 22 anni - venni assunto a La Stampa a 23 anni – mi facevano correre ovunque. Dall’omicidio, cioè cronaca nera, ai “pastoni politici”,insomma seguivo tutto ciò che interessava al giornale e non c’era nessuno che volesse o potesse seguire. Per essere chiari: ho iniziato dalla “gavetta”, quella vera, verissima. Ed è stato il più grande insegnamento che ho ricevuto. A tutti i livelli: umanamente e professionalmente. E lì, proprio in quel periodo iniziale, quello in cui il mio capocronista a cui devo molto se non tutto, ogni tanto, magari dopo il complimento per un bell’articolo, lasciava cadere lì un “ricordati però che sei “minus quam merdam...”. Resta il fatto che ho comunque iniziato a capire sul serio la ricerca della notizia, la tecnica, l’acume e soprattutto l’umiltà necessaria per trovarla, pulirla, farla luccicare. Insieme, naturalmente, ad una qualità che dovevi affinare in fretta seguendo una regola aurea, se non volevi finire fuori dalla finestra: scrivere per tutti, essere chiaro per tutti. Per dirla con la frase che ho imparato allora a memoria: “Scrivi per la portinaia e per il docente universitario. E questo, dirlo a parole è facile, ma se inserisci alcune variabili tipo “la fretta” - in un quotidiano spesso è questione di minuti - e la difficoltà del raccontare con chiarezza e sinteticamente la dinamica dei fatti accaduti, è tanto facile quanto far salire un elefante su un Ciao e salutarlo dicendo “Ci vediamo a Milano...”. 

- A quale genere letterario appartengono i libri che leggi o che hai letto in passato? 

“Sarà che quando ero piccolo c’erano al massimo due canali televisivi e se per caso accendevi la tv (in bianco e nero) in orari diversi dalla sera, guardavi il monoscopio e basta; sarà perché mia madre invece di giochi e figurine preferiva regalarmi libri, resta il fatto che sin da piccolo mi sono abituato a leggere di tutto. Esempio chiarificatore: a quattordici anni andai in vacanza in montagna con mia madre e dimenticai la sacca con i libri ( sì, ero un po’ distratto. Del resto non si spiegherebbe altrimenti perché in quinta elementare, soltanto arrivato di fronte a scuola, mi madre mi fece cenno con un sorriso di aprire il cappottino in modo da rendermi finalmente conto che indossavo solo il pigiama e basta). In ogni caso: senza la sacca dei libri, in un albergo a 1800 metri in val d’Aosta, che fare per 15 giorni? Soluzione: lessi i 15 Harmony che si era portata mia madre… Quindi, per rispondere alla domanda su quale genere leggo: la risposta è qualsiasi genere. Dai saggi sul Medio Evo o Cornelius Ryan, da Civiltà sepolte ad Agata Christe e Giorge Simeon (Maigret e NON Maigret) , dalle Formiche anche nel loro piccolo s’incazzano a Don Camillo, per cui ho una venerazione, a Robinson Crusoe.

- Ci racconti l’emozione del tuo primo libro pubblicato? 

Il mio primo libro fu L’Ultimo dei Templari. Era nato come una sfida a me stesso (ne sarò capace?). In fondo i giornalisti sono abituati a scrivere articoli di 3 o 4 cartelle al massimo e nella migliori delle ipotesi, chissà come è arrivare a 150 pagine… Fatto sta che uscì. Ebbene, considerando che un giornalista non ha come priorità la fobia narcisista del vedere il proprio nome pubblicato (se scrivi su un quotidiano, alla fine ci hai fatto l’abitudine), un libro ha comunque un altro sapore. Figurarsi il primo! E io, il giorno di uscita nelle librerie, andai alla libreria Fnac che all’epoca era nella centralissima via Roma a Torino. Volevo vedere che emozione mi dava! Lo trovai, sistemato in una quindicina di copie, proprio a fianco di un’ altra pila di copie di Ken Follet. E’ stupido lo so, ma ne fui orgoglioso e soddisfatto mi diressi alle scale. Al secondo gradino però mi fermai di botto e dopo un secondo tornai indietro, Con estrema no-chalance presi due copie del mio libro e dopo aver finto di darle un’occhiata interessata le appoggiai sulla pila di Follet oscurando il suo… 

- Come nascono le storie che racconti? 

Le storie nascono da un pensiero base nato magari anni prima e lasciato sedimentare. Diciamo: dall’idea.E l’idea poi si evolve sino al punto in cui senti che può diventare completa. La cosa importante è sapere bene quale messaggio si vuole lanciare tenendo ben presente che un libro è come un figlio: una volta pubblicato vivrà di vita proprio e ogni lettore ci vedrà cosa vuole. 

- Quali sono le fonti d’ispirazione dal momento in cui decidi di scrivere un libro? I tuoi racconti contengono riferimenti tratti da esperienze reali, autobiografiche o dalla tua immaginazione? 

In un modo o nell’altro, per quanti anni tu abbia dedicato a studiare e ed informarti, in un libro ci sono nascosti sempre ricordi e sensazioni individuali. Magari saranno adattate alla trama, magari anche per chi ti conosce bene saranno mimetizzate, ma ci sono: eccome, se ci sono. 

- Ci sono state letture particolari o scrittori che hanno ispirato il tuo lavoro? 

Se mi si domanda quali autori apprezzo, non finisco più di rispondere… In modo conciso dico: Simenon (non i romanzi di Maigret): descrive ambienti e personaggi a dir poco in modo sublime. Arthur Conand Doyle: Il ragionamento e l’acume di Shelock Holmes è pura estasi. Dino Buzzati: la fantasia ancorata alla realtà è poesia, soprattutto nei suoi racconti. Guareschi: ha saputo raccontare un ‘Italia semplice e scomparsa, con un’ironia e un’umanità che fa venire voglia di viverla. 

- Nel tuo romanzo “Clone” si verificano una serie di avvenimenti travolgenti nei quali sono coinvolti la reliquia della Santa Sindone e due capolavori di Leonardo da Vinci: il suo “Autoritratto” (1515-1516) custodito nella Biblioteca Reale di Torino e la “Battaglia di Anghiari” (l'opera purtroppo risulta perduta ne è rimasta una traccia tangibile derivante dai disegni preparatori e dalle numerose copie). A tal proposito ti chiedo cosa ti ha ispirato a trattare nel tuo libro “Clone” le celebri opere d’arte del grande artista? 

Mi ricollego a quando detto prima: l’idea di Clone è di circa dodici anni anni fa. In realtà, per quanto l’idea sia sempre stata lì silente, semplicemente non mi sentivo in grado di scriverla. Quando in un modo o nell’altro parli di fede, devi comunque avere rispetto, sia per chi crede, sia per chi non crede. E non importa il nome che dai a Dio. Il fatto è che vai a toccare corde intime e delicatissime. E questo equilibrio non è facile. Spero di esserci riuscito. Sul fatto poi della scelta di Leonardo, due sono i motivi: il primo è la vicinanza fisica della suo Autoritratto alla Sindone, il secondo è il vero giallo della storia della Tavola Doria e della battaglia di Anghiari. Un mistero in un mistero. 

- “Clone” è un romanzo ben documentato, si nota infatti che alla base vi è stato un accurato lavoro di studio e di ricerca. Come hai iniziato le tue indagini a riguardo? Raccontaci un po’ di questa esperienza da ricercatore? 

Sono stato agevolato, Sulla Sindone avrò scritto una cinquantina di articoli, avevo letto il libro di Baima Bollone (patologo tra i più grandi esperti di sindonologia) e ho sempre letto tutto ciò che mi capitava a tiro negli anni. In più all’epoca de L’Ultimo dei templari, aveva notato la coincidenza tra il cognome dei primi proprietari accertati della Sindone prima che venisse acquistata dai Savoia e quello del gran maestro templare arso vivo da Filippo IV il Bello sull’isola della Senna ai templi dello sterminio dei Templari. Anzi, telefonai pure al Centro sindonologico per saperne di più… Diciamo che, più o meno volontariamente, è uno studio proseguito per una quindicina d’anni. 

- A quale personaggio del tuo libro “Clone” sei più legato? 

Direi l’ispettore Barberi. E per un motivo semplice semplice e facile facile: ha i miei ricordi, caratterialmente sono io. Nel bene e nel male. Anche se un pochino, per la parte razionale cioè, monsignor Perotto ha molto di me. Insomma, di due, ne faccio uno solo... 

- Stai scrivendo un nuovo libro? Puoi anticiparci qualcosa? 

Sono molto preoccupato per come e dove sta andando l’Italia, mi fa paura quel clima di odio che si respira e si legge ovunque. Da italiano non mi riconosco più in questo Paese. E non c’entra la politica o la partitocrazia. Per me si può votare quel che si vuole, ma è il totale disprezzo dei valori base, quelli che ci hanno insegnato a mancare. Sto scrivendo un romanzo che fotografi questo, con ironia. Ognuno di noi si guardi allo specchio e poi si alzi per rispondere a una semplice domanda: da quando l’ignoranza (dal latino ignoro/ as/avi/atuam/ignorare) e non la cultura (quella di per sé non vuol dire avere intelligenza), è diventata un valore di uguaglianza e libertà? La semplicità è cosa diversa. E, soprattutto, lì il cuore c’è. 

Descrizione del romanzo: 

Due omicidi efferati a poche ore l’uno dall’altro, a qualche centinaio di metri l’uno dall’altro. 

Il primo nella tromba dell’ascensore che porta al caveau, all’interno del Palazzo Reale di Torino, dove è conservato il famoso autoritratto di Leonardo da Vinci. Il secondo nella Torre campanaria della Cattedrale, dove è custodita la reliquia della Santa Sindone. 

In entrambi i casi i sistemi di allarme sono stati disattivati da professionisti, ma né l’Autoritratto né la Sindone sono stati rubati. 

Toccherà all’ispettore Barberi scoprire il movente di quelle due morti, legate tra loro da una trama che affonda le sue radici nelle torture della Santa Inquisizione, in un’antica battaglia che mescola fede e potere. 

Tra colpi di scena e doppiogiochisti, in un’indagine continua nei segreti secolari della cappella del Guarini e nelle congiure sotterranee dei corridoi pontifici, lentamente appare un piano agghiacciante: da un campione di tessuto prelevato dalla Sindone, prima è stato isolato il gruppo sanguigno, poi la catena completa del Dna. Siamo davvero in presenza del clone di Cristo? La battaglia per stabilire se il nuovo Dio è arrivato è ormai allo scontro finale. 

Biografia 

Paolo Negro, torinese, giornalista professionista, ha lavorato per oltre vent'anni nei principali quotidiani italiani (“La Stampa”, “La repubblica”, “Il giornale”). E' stato poi responsabile mass media del Medals Plaza olimpico delle Olimpiadi invernali di Torino 2006 e quindi responsabile mass media della Cerimonia di chiusura delle Paralimpiadi invernali Torino 2006. 

Dal 2006 ha pubblicato numerosi romanzi: L'ultimo dei templari, La Leggenda, Il segreto dell'arca. Nel 2011 ha pubblicato Filmgate (Editori Riuniti), libro intervista al produttore cinematografico Silvio Sardi, chiamato poi proprio per quanto scritto nel libro, come testimone dell'accusa al processo che portò alla condanna di Berlusconi. 

Nel 2014 ha pubblicato il thriller storico Spiritus Templi tradotto poi da Boveda Editores – settembre 2016 – per il mercato spagnolo e sud americano. Prima di Clone, nel 2017, per Imprimatur, ha pubblicato il thriller “Il nemico che gioca con i nomi”.

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Scrittore Paolo Negro 

Grazie Paolo è stato un onore e un piacere leggerti. 

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