A cura di Valentina Barillari
Gli antichi Greci usavano il termine kairos per indicare un momento di rottura, uno stravolgimento che permette però un cambiamento, un’opportunità, un’occasione.
é questo il senso del libro “Per dieci minuti” di Chiara Gamberale.
La protagonista è una giovane donna di nome Chiara che si ritrova tutto d’un tratto in una nuova casa, abbandonata dal marito con cui ha trascorso diciotto anni (esattamente la metà della sua vita) e , come se non bastasse, la rubrica della rivista per cui lavora viene affidata ad un’altra.
Chiara sprofonda quindi in un baratro da cui crede di non poter uscire. Tutte le sue certezze sono venute meno.
La sua analista le propone quindi un gioco steineriano: per un mese ogni giorno dovrà fare qualcosa di nuovo per dieci minuti, qualcosa che non ha mai fatto prima.
Chiara non riesce a capire il senso di questo gioco, non sa a cosa potrà servirle ,ma accetta la sfida e tiene un diario quotidiano in cui racconta i suoi dieci minuti.
Sperimenta nuovi smalti, ricette, esperienze, prova a ricamare, impara a guidare, si impegna ad ascoltare di più gli altri. Si rende conto così che le vite e le esperienze da vivere sono molteplici, ma che la vita sembra interessante solo quando sei tu a viverla. Quando capita agli altri è noiosa. Per cui questa esperienza dei dieci minuti quotidiani la aiuta a connettersi con gli altri, con il mondo che la circonda.
Chiara è sempre vissuta in un piccolo quartiere con la sua famiglia ed ha avuto lo stesso uomo per diciotto anni. Poi il marito decide di trasferirsi a Roma e dopo poco la abbandona.
Il suo quartiere e suo marito, oltre alla rubrica che le è stata tolta, sono sempre stati i perni della sua vita, il “pieno” che circondava “il vuoto”.
Adesso si ritrova a vivere il “vuoto”, scoprendo che anch’esso è pieno: si rende conto infatti di quanti amici abbia, di quante persone la amino.
Soprattutto, si rende conto che, per quanto lei e suo marito per tanti anni siano stati l’uno il complemento dell’altra, adesso le loro anime si stanno dividendo perché non viaggiano più nella stessa direzione. Entrambi hanno avuto un passato da adolescenti in crisi e s sono innamorati perché ognuno era il perno dell’altro. Due anime allo sbando che trovavano nello stare insieme la propria direzione. Adesso invece la vita di Chiara è andata avanti. Chiara è cresciuta, è diventata indipendente e il marito non riesce a seguirla in questa crescita.
Chiara soffre tantissimo della mancanza del marito. Anche lui ne soffre, tanto da cercare un riavvicinamento.
Il tema dell’abbandono della donna è un topos ricorrente nei romanzi contemporanei. Penso ad esempio ai romanzi della Ferrante, in cui però il riscatto della donna dopo l’abbandono assume sempre toni alti e drammatici: è un riscatto faticoso e doloroso.
Qui invece il riscatto avviene tramite il gioco. Mi viene da pensare alla teoria pedagogica secondo cui il bambino apprende meglio attraverso il gioco che attraverso lezioni mirate o frontali. Il gioco è un mezzo che permette al bambino di interessarsi alle cose e quindi di apprendere.
Forse lo stesso vale per gli adulti. La vita acquista senso se vissuta come un gioco.
Attraverso il gioco Chiara impara questo: “non ho più un amore. Non ho più una casa che sento davvero mia, non ho più un lavoro che mi piaceva. Non ho un perno:ecco. Ma la vita che gira attorno a questo perno che non c’è, forse, non è poi così male.” Conclude quindi la sua analista: “vede, Chiara, è proprio la vita l’unico perno possibile. é perno e ruota insieme, la vita”.
Sinossi
Dieci minuti al giorno. Tutti i giorni. Per un mese. Dieci minuti per fare una cosa nuova, mai fatta prima. Dieci minuti fuori dai soliti schemi. Per smettere di avere paura. E tornare a vivere. Tutto quello con cui Chiara era abituata a identificare la sua vita non esiste più. Perché, a volte, capita. Capita che il tuo compagno di sempre ti abbandoni. Che tu debba lasciare la casa in cui sei cresciuto. Che il tuo lavoro venga affidato a un altro. Che cosa si fa, allora? Rudolf Steiner non ha dubbi: si gioca. Chiara non ha niente da perdere, e ci prova. Per un mese intero, ogni giorno, per almeno dieci minuti, decide di fare una cosa nuova, mai fatta prima. Lei, che è incapace anche solo di avvicinarsi ai fornelli, cucina dei pancake, cammina di spalle per la città, balla l’hip-hop, ascolta i problemi di sua madre, consegna il cellulare a uno sconosciuto. Di dieci minuti in dieci minuti, arriva così ad accogliere realtà che non avrebbe mai immaginato e che la porteranno a scelte sorprendenti. Da cui ricominciare. Con la profonda originalità che la contraddistingue, Chiara Gamberale racconta quanto il cambiamento sia spaventoso, ma necessario. E dimostra come, un minuto per volta, sia possibile tornare a vivere.
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