La turbinosa giovinezza di una pittrice
Recensione
A cura di Manuela Moschin
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Non è facile parlare di un libro quando si tratta di un’opera di alto livello. È il secondo che leggo di Luciana Benotto. Il precedente fu “A bon droit”, del quale ne rimasi colpita per l’encomiabile competenza narrativa. La scrittrice è laureata in lettere moderne. È perciò una persona molto preparata, non solo a livello letterario, perché è anche appassionata di storia e di arte.
Trattandosi di un romanzo storico è essenziale sottolineare che è stato realizzato con una cura impressionante. Anche i più piccoli dettagli, relativi alla descrizione dell’ambiente, ai protagonisti, agli oggetti, agli usi e ai costumi, sono raccontati con una minuzia da dieci e lode. È davvero brava Luciana a regalare ai lettori una storia così, esasperatamente, eccellente. L’autrice, per realizzare il libro, dedicò molto tempo, consultando vari testi e recandosi personalmente nei luoghi da lei citati. Ella, ammaliata dal vissuto e dalla maestria della pittrice Sofonisba Anguissola (1532-1625), ha desiderato dedicarle uno scritto ricco di sentimento e di sapere. Il libro è arricchito da un’infinità di collegamenti relativi all’arte e alla letteratura. Viene molto spesso citato, per esempio, “Il libro del Cortegiano” di Baldassar Castiglione, che fu un punto di riferimento importante per Amilcare, il padre di Sofonisba, il quale ne trasse molti spunti, al fine di dare alle sue figliole un’adeguata istruzione.
La pittrice incontrò diverse celebrità, che le diedero la facoltà di sperimentare vicende alquanto fruttuose. Per esempio, conobbe Michelangelo Buonarroti, che ebbe molta stima per l’artista, e Margherita D’Austria: “Mentre i presenti si accomodavano, Sofonisba, avvicinando la sua sedia a quella di Michelangelo, gli domandò:”Posso mettermi accanto a voi, maestro?”. Egli, col suo solito tono ruvido, le rispose:”Mi pare che lo state già facendo signora.”
Sofonisba, come lo fu anche Artemisia Gentileschi, fu una figura femminile di grande talento, ma che a quei tempi, il più delle volte, veniva disprezzata perché c’era una scarsa considerazione per la donna, alla quale non era permesso di dedicare la sua vita all’arte. Tuttavia, grazie ai continui incoraggiamenti e stimoli di suo padre, riuscì a far emergere la sua bravura di pittrice.
Assieme alla recensione ho voluto inserire qualche immagine dei dipinti di Sofonisba, che l’autrice descrive con dovizia di particolari e tramite un grande coinvolgimento: “Ecco. Ho dato l’ultimo ritocco. Alzati e vieni a vedere.” Elena illuminata dalla luce solare che faceva capolino tra le nubi bianche rimaste dopo che era spiovuto e che in quel momento penetrava nella stanza, si avvicinò alla sorella e sorrise. “Mi hai ritratta più carina di quella che sono.” “Non è vero. Questa che vedi sei proprio tu, coi tuoi grandi occhi ascetici. Comunque “aggiunse per essere cortese, “il velo di novizia ti dona e lo sfondo scuro lo fa risaltare ancor di più.”
La lettura risulta interessante, anche per conoscere i progressi che la pittrice fece in ambito artistico, fin dai suoi primi esordi, quando ebbe come maestro il pittore Bernardino Campi.
Sofonisba fu abile nel trasferire ed esaltare sul dipinto l’aspetto intimo dell’effigiato, ritraendo il carattere psicologico e instaurando con lui un dialogo espressivo. In questo, le sue opere, ricordano molto i capolavori di Lorenzo Lotto, che fu un innovatore nel campo della ritrattistica.
È fondamentale evidenziare lo stile di scrittura dell’autrice, che si contraddistingue per essere dotato di una particolare prosa poetica: “Aveva piovuto tutta la mattina, ma per fortuna dopo pranzo il cielo stava aprendo. Uno squarcio tra le nubi grigio perla lasciava intravedere il sole che riportava allegria illuminando il verde tenero e vigoroso delle giovani foglie degli alberi e facendo splendere i petali dei fiori che madonna primavera andava man mano distribuendo”.
Complimenti Luciana, ti leggo sempre molto volentieri.
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