Recensione del romanzo "Giacomo Casanova. La sonata dei cuori infranti" di Matteo Strukul
A cura di Manuela Moschin
Lo scrittore Matteo Strukul ha dedicato il romanzo a Giacomo Casanova (1725-1798), un noto personaggio poliedrico della storia. Egli fu un grande avventuriero, seduttore, libertino, alchimista, scrittore, poeta e filosofo. Traspare nell’autore Strukul l’intenzione di far esaltare il rapporto simbiotico presente tra il protagonista e la città. Il fascino di Venezia e Casanova, due amanti perfettamente affini, che hanno in comune la bellezza e il magnetismo, sono descritti dallo scrittore in maniera magistrale.
Il romanzo, oltre ad essere avvincente, intrigante e romantico è interessante sotto il profilo artistico, l’autore infatti, descrive alcuni capolavori appartenenti al patrimonio artistico, valorizzandone le qualità estetiche. Oltre ad evocare stupendi Palazzi, Basiliche e Ville, egli dedica alcuni passaggi a vari esponenti della pittura veneta, riferendosi non solo ad artisti contemporanei del periodo in cui visse Casanova, ma anche a quelli antecedenti come Tintoretto (1519-1594) e Tiziano (1488/1490-1576), oppure ai settecenteschi Tiepolo (1696-1770) e Canaletto (1697-1768).
Racconta l’autore Matteo Strukul:
“Pure, mentre procedeva lungo la navata centrale, non rimase insensibile a una simile vista, tanto più perché di fronte a lei l’Assunta di Tiziano pareva osservarla dall'alto. Fu impossibile non venire stregata da quell'ascesa di Maria in cielo fra l’agitazione degli angeli e il turbamento degli apostoli, e poi come poteva non ammirare i bagliori improvvisi della tela, i chiaroscuri profondi, e esaltare i contrasti fra celeste e terreno?”
In questo articolo vi parlerò in particolare di due opere conservate nella Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari (inizio costruzione 1250 completamento 1338): “l’Assunta” di Tiziano Vecellio e il “Trittico dei Frari” di Giovanni Bellini. La solenne chiesa realizzata in cotto con una decorazione esterna gotica, essendo lunga centodue metri impressiona per le sue grandi dimensioni. Il suo impianto è a forma di Tau, uno dei simboli presenti in San Francesco. L’interno, affascinante e monumentale, può essere considerato un vero museo per la grande quantità di opere d’arte conservate.
Entrando nella Basilica si rimane affascinati e attratti da uno dei capolavori più prestigiosi eseguiti da Tiziano.
Mi riferisco alla Pala dell’Assunta, che conservata nell'altare maggiore, fu commissionata a Tiziano nel 1516, dal padre guardiano del convento dei Frari Germano da Casalea. L’opera rappresenta, dal punto di vista iconografico, un’innovazione, in quanto, nella scena dell’Assunzione, l’artista non raffigurò la morte o la sepoltura di Maria, come venne tradizionalmente raffigurata in passato, ma la ritrasse mentre sta miracolosamente ascendendo in paradiso, sopra una vaporosa nuvola, tra lo stupore dei cherubini.
Tiziano riprodusse sul dipinto la narrazione su tre registri sovrapposti, dove in basso vi sono gli apostoli con le braccia protese verso il cielo, nei quali si nota l’espressione di meraviglia per l’avvenimento soprannaturale. L’espressione del volto della Madonna è dolce e radioso. Il suo abito estremante realistico, appare in movimento gonfiato dal vento. Al vertice della composizione appare il Padre Eterno che si leva con le braccia aperte. L’artista lo ritrasse in controluce, per dare maggior risalto alla luce divina presente sullo sfondo. I colori accesi nei rossi e nei verdi dei mantelli degli apostoli, il rosso della veste della Vergine, la luce e il movimento creano un’immagine alquanto realistica. La pala fu immediatamente apprezzata dai contemporanei per il suo evidente dinamismo, tra di essi ci fu lo scrittore Ludovico Dolce (1508 o 1510-1568) che nel suo “Dialogo” (1557) asserì in tono poetico
“…Gli fu data a dipingere una gran tavola all’altar grande della Chiesa de’ Frati Minori: ove Titiano pur giovanetto dipinse a olio la Vergine, che ascende al Cielo, fra molti Angioli, che l’accompagnano, e di sopra lei affigurò un Dio Padre attorniato da due Angioli. Par veramente che ella ascenda, con un volto pien di humiltà; e il panno vola leggiadramente…”.
La Pala rimanda alla contemporanea pittura toscana e romana, ma con un uso originale e inedito del colore, che tramite i suoi contrasti naturalistici, ne accentua la drammaticità della scena. Pare che i frati criticarono il pittore a causa dell’eccessiva monumentalità delle figure degli apostoli e che invece decisero di conservarla, quando seppero che l’ambasciatore imperiale austriaco desiderava acquistarla.
Tiziano (1488/1490-1576) nacque a Pieve di Cadore in provincia di Belluno. All’età di nove anni si trasferì a Venezia, dove divenne il primo pittore. Nel 1533 la sua fama crebbe talmente tanto da essere nominato il pittore ufficiale dell’Imperatore Carlo V per il quale realizzerà molti ritratti.
La peculiarità innovativa di Tiziano consiste nella sua tecnica pittorica. Egli, infatti, maturò uno stile molto personale, concernente l’uso dei colori che il maestro stendeva in modo rapido e a volte impreciso, conferendo ai dipinti una vivezza e un realismo di grande profondità psicologica. Negli ultimi anni dipingeva quasi senza pennello, applicando persino il colore con le dita. Lo storico cinquecentesco Ludovico Dolce scrisse dell’artista:
“cammina di pari passo con la natura: onde ogni figura è viva, si muove, e le carni tremano”.
“Quello era il vero potere di Venezia, pensò Margarethe: l’incanto, quel trionfo di bellezza e arte che accendeva la città di mille luci fantastiche. Non la politica, gli intrighi, il valore militare, la flotta. Bensì la cultura intesa come gioiello, i tesori colmi di fascino e malia che esplodevano nelle chiese, nei teatri, quasi questi fossero scrigni di pietre preziose. E non era anche Santa Maria Gloriosa dei Frari un’autentica meraviglia?"
“Trittico dei Frari” Giovanni Bellini - Cappella Pesaro nella sacrestia della Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari (1488).
Nella Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari è presente un altro capolavoro di fondamentale importanza. Si tratta del “Trittico dei Frari” di Giovanni Bellini. Un’opera situata nella Cappella Pesaro, che fu donata dai figli di Pietro Pesaro e Franceschina Tron, in memoria della madre defunta. La Pala è formata da tre tavole racchiuse in una cornice dorata che, illusivamente, crea l’ingresso di una cappella absidata. Il mosaico dorato della volta, che ricorda la Basilica di San Marco in stile bizantino-veneziano, riflette una luce calda sulla figura della Madonna e del Bambino. Essi sono posti nel comparto centrale, all'interno di un altare ricco di decorazioni, nel quale vi sono due graziosi putti musicanti. Ai due lati sono presenti i Santi Nicola da Bari, Pietro, Marco e Benedetto come santi omonimi e protettori dei committenti Pesaro. Sulla cupoletta semicircolare vi è una preghiera alla Vergine:
IANUA CERTA POLI DUC MENTEM DIRIGE VITAM: QUAE PERAGAM COMMISSA TUAE SINT OMNIA CURAE (Porta sicura del cielo, guida la mente, dirigi la vita: sia tutto ciò che faccio affidato alla tua cura).
In quest’opera Bellini manifestò una grande padronanza nell'uso della prospettiva, in quanto è riuscito a creare una fusione tra volumetria, colore e luce. Le tinte applicate sulla tela possiedono una tonalità calda, ciò è dovuto alla sua grande abilità nell'applicare sul dipinto una varietà di colori complementari, che contribuiscono ad evidenziare la simmetria architettonica e compositiva del trittico. Le sue combinazioni spaziano dal blu al rosso degli abiti di Maria, al broccato d’oro sullo sfondo, ai gialli e marroni degli angeli e ancora ai marroni dei gradini di marmo venato.
Alle estremità esterne delle campate laterali, il pittore rappresentò un paesaggio veneto, mentre nella parte bassa del dipinto, creò il punto di osservazione, ossia un accorgimento utilizzato dal pittore per obbligare lo spettatore-devoto ad alzare lo sguardo verso le figure divine. L’opera è firmata e datata sul gradino del trono nel pannello centrale.
Giovanni Bellini (Venezia, ca 1435-1516) fu uno dei massimi artisti del Rinascimento e un innovatore della pittura veneziana. Si formò nella bottega del padre Jacopo, ma seguì in parte l’influsso del cognato Andrea Mantegna, che nel 1453 sposò Nicolosia la sorella di Giovanni. Nel 1483 divenne il pittore ufficiale della Repubblica veneziana. Egli dipinse scene storiche e vite di santi, pale d’altare e ritratti, ma soprattutto produsse una grande quantità di Madonne, le quali furono innovative nello stile ma tradizionali nel soggetto e nel significato.
Vi ringrazio per aver consultato il blog.
Manuela
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