A cura di Manuela Moschin
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Rembrandt Harmenszoon van Rijn (Leida 15.07.1606-Amsterdam 4.10.1669), fu un artista singolare, che si distinse dai suoi contemporanei olandesi.
Nei Paesi Bassi, nel XVII secolo, comparve la “Pittura di Genere”, vale a dire che gli artisti erano per lo più interessati a realizzare, in modo realistico, scene di vita quotidiana.
Rembrandt, invece, oltre ai numerosi ritratti, raffigurò soggetti storici, religiosi e mitologici. Anche il filosofo e saggista Tzvetan Todorov (1939-2017), nel suo saggio “Il Caso Rembrandt”, sostenne che l'artista era un pittore di storia e di ritratti. La quotidianità è presente nei disegni e nelle incisioni, mediante la rappresentazione di scene di locanda o di strada. Egli ritrasse vagabondi e mendicanti, come si può notare nell’incisione all’acquaforte “I mendicanti alla porta di una casa”1648 (Fig.1); oppure, scene raffiguranti donne con bambini occupati in varie attività, come nel disegno “Donna che scende le scale con un bambino in braccio” (Fig.2)1635/1636.
Secondo Todorov, Rembrandt nel rappresentare i personaggi nelle normali occupazioni tentò di cogliere la realtà di una situazione e non di rendere i tratti individuali dei volti. Ne è un esempio il disegno (a penna, pennello e inchiostro bruno) intitolato “Il bambino capriccioso” (Fig.3)1635.
Gli amici, i suoi familiari e in particolare la moglie Saskia furono raffigurati molto spesso nelle opere dell'artista.
C'è un passaggio molto interessante nel volume di Tzevetan Todorov dove egli affermò:“La pittura pensa e fa pensare, sebbene non sempre i pittori lo sappiano. Nel rappresentare il quotidiano Rembrandt non si limita a tradurre in forme visibili il mondo circostante, ma ci rende partecipi della sua concezione della vita umana. Gli eroi e i santi che popolano le sue opere non sono diversi dalle persone che possiamo incrociare per strada, le quali meritano altrettanta attenzione”.
“Ha saputo spingersi oltre le apparenze, rendere i suoi personaggi seducenti e vulnerabili insieme, umani anche nella loro debolezza. Questo non è forse il principale ma è uno dei grandi messaggi trasmessici dalla sua pittura: una lezione di umanità e universalità. È grazie a queste qualità se ognuno di noi può riconoscersi nei suoi dipinti e ritrovarvi le proprie emozioni o i propri interrogativi”.
E' determinante nella sua pittura la ricerca luministica, ottenuta mediante un impasto denso e corposo del colore e una stesura molto libera. Lo storico dell'arte E.H. Gombrich nel suo volume "La Storia dell'Arte" nei riguardi della tecnica pittorica scrisse:"... a una prima occhiata molte sue pitture sembrano tutte di una tonalità marrone cupo, ma sono proprio i toni scuri a far risaltare con maggior forza, per contrasto, alcuni colori accesi e splendenti. Avviene così che la luce in certi suoi quadri è quasi abbagliante. Però Rembrandt non usò mai come fine a se stessi questi affascinanti effetti di luce e ombra, ma se ne servì sempre per accentuare la drammaticità della scena."
Nell'intera produzione figurativa del periodo seicentesco, nessun altro artista realizzò un numero di autoritratti così vasto, quanto Rembrandt: circa trenta acqueforti, dodici disegni e oltre quaranta dipinti. Questo ritratto che vedete è stato eseguito in età giovanile (Fig.4). L'artista mantenne nella penombra i lineamenti del viso; la stesura del colore è stata realizzata tramite strati spessi e corposi e la natura dei contrasti di luce è relativa agli interessi dell'artista nei confronti dei caravaggeschi di Utrecht. Ma chi erano costoro?
Si tratta di un movimento artistico che durò dal 1620 al 1630, nel quale un gruppo di pittori originari proprio da Utrecht, ebbero modo di visitare in Italia le opere di Caravaggio. Ecco, allora, che ne furono talmente affascinati da volerne studiare il metodo e l'inventiva drammatica.
Quest'altro "Autoritratto" (Fig.5) (1655-1658), invece, è stato dipinto dall'artista negli ultimi anni di vita. Nei confronti di questo dipinto, lo storico dell'arte E.H. Gombrich affermò: "Non era un bel volto, e Rembrandt certo non tentò mai di mascherarne la bruttezza. Si osservava allo specchio con assoluta sincerità che tralasciamo di portare in causa la sua bellezza o il suo aspetto. E' il volto di un vero essere umano. Non v'è traccia di posa o di vanità: c'è solo lo sguardo penetrante del pittore che scruta le proprie fattezze, pronto sempre a imparare qualcosa di nuovo intorno ai segreti del volto umano."
Il dipinto "Saskia con il cappello" (Fig.7) è stato oggetto di numerose indagini anche radiografiche, dalle quali si è potuto dedurre che l'opera subì delle modifiche da parte di Rembrandt, probabilmente in seguito alla morte, nel 1642, della moglie. Pare che la piuma di pavone sul cappello e la pelliccia posata sulla spalla siano state aggiunte più tardi e alluderebbero al tema della "vanitas", ovverosia alla caducità delle cose terrene. Si ipotizza, inoltre che Rembrandt realizzò l'abito ispirandosi ai modelli rinascimentali, al fine di celebrare la condizione aristocratica della moglie.
Rembrandt dedicò una parte dei suoi dipinti alla dea Flora, la divinità classica della primavera e della vegetazione (Fig.8-9). E' da sottolineare che in quegli anni ad Amsterdam si trovava il ritratto della Flora di Tiziano. E' probabile che l'artista si sia ispirato vedendo l'opera del pittore veneto.
Secondo alcuni studiosi sembrerebbe che il personaggio ritratto sia quello della moglie Saskia van Uylenburgh. La raffigurò di profilo e con il viso rivolto verso lo spettatore. Sul suo capo spicca una ghirlanda fiorita e nella mano destra regge un bastone ornato di fiori. La veste è caratterizzata da un ampio drappeggio decorato finemente.
Anche in quest'opera Rembrandt potrebbe aver ritratto la moglie Saskia in attesa del primo figlio. E' possibile che il pittore avesse voluto celebrare la prima gravidanza della moglie. Altri studi, invece, ipotizzano che si tratti della modella Artemisia come si evince dalla figura n. 10 nella quale si nota una particolare rassomiglianza.
Pare che il dipinto "L'allegra coppia" (Fig.11) ritragga Rembrandt assieme alla moglie Saskia. Alcuni studi iconografici lo hanno associato al racconto evangelico del figliol prodigo che ritorna a casa dopo aver sperperato le ricchezze, bevendo vino e in compagnia di donne. Il tema era molto apprezzato dagli artisti protestanti a causa del suo valore educativo.
Vi ringrazio
Un caro saluto
Manuela
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